sabato 1 marzo 2014

Un cinghiale ferito non può far cambiare verso all'Italia

È successo che Renzi ha pensato bene di cominciare a “cambiare verso” all’Italia nominando sottosegretario alle Infrastrutture il senatore Tonino Gentile, da giorni nell’occhio del ciclone per la storiaccia delle pressioni al quotidiano “L’Ora della Calabria” per silenziare la notizia dell’inchiesta sugli incarichi legali all’Asp di Cosenza, che coinvolge il figlio Andrea.
È successo che, con sprezzo del ridicolo, esponenti di primo piano del Ncd calabrese hanno fatto a gara nell’esprimere soddisfazione e giubilo per la nomina del “cinghiale che se ferito ammazza tutti”: da Luigi Fedele a Nazzareno Salerno, da Daniele Romeo a Giuseppe Scopelliti. Senza imbarazzo alcuno.
È successo, questo ormai è evidente a tutti, che esiste un rapporto perverso tra stampa e politica che andrebbe spezzato. Perché un giornalismo sotto ricatto non potrà mai svolgere il ruolo di cane da guardia della democrazia. E alla fine di questa nauseabonda vicenda, a pagare potrebbero essere soltanto i tanti ragazzi che tra mille difficoltà si fanno il mazzo per inseguire un sogno.
È successo che ci saremmo aspettata una reazione feroce da parte degli esponenti del partito democratico, il quale (salvo rarissime eccezioni) risulta “non pervenuto” sulla registrazione della telefonata tra lo stampatore, nonché presidente di Fincalabra, Umberto De Rose e l’editore di “L’Ora della Calabria” Alfredo Citrigno. Imbarazzato ma taciturno, invece, sulla nomina di Gentile.
È successo che è impossibile che Renzi non sia stato informato su quel che è accaduto in Calabria nell’ultima settimana. Se, nonostante tutto, ha preferito piegarsi al diktat del suo alleato di governo, vuol dire che siamo di fronte all’ennesimo bluff. Ma sulle questioni di principio non si può esitare: la libertà di stampa è un principio costituzionale da difendere senza se e senza ma. Ad ogni costo. Punto.
Non ci sono altre strade per rimediare allo sdegno, all’imbarazzo, al disorientamento provocati da una scelta così spudorata: Gentile deve andare a casa perché, al di là degli eventuali risvolti giudiziari della vicenda che lo vede coinvolto, la sua presenza in un esecutivo che si definisce di rottura rispetto al passato non è opportuna. E i rappresentanti democratici calabresi in Parlamento, senza distinzione di corrente, devono assumere una netta posizione di intransigenza. Fino a quando non ci saranno le dimissioni o non verrà ritirata la delega a Gentile, dovranno togliere il sostegno al governo Renzi.
Se proprio non si riesce a cambiare verso, almeno si cominci a cambiare andazzo.

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