martedì 31 maggio 2011

Viale del tramonto

Non è vero che si trattava “soltanto” di elezioni amministrative. Non lo è perché Berlusconi per primo ha voluto dare alla consultazione elettorale una dimensione nazionale, mettendoci la faccia e chiamando a raccolta i suoi elettori per la crociata del bene contro il male. Milano invasa dall’Islam, i talebani a Porta Sempione, piazza Duomo trasformata in una zingaropoli. Forse il premier ha avvertito l’arrivo della bufera e ha reagito nell’unico modo che gli è congeniale, attaccando a testa bassa, contro tutto e tutti, per vincere o morire sul campo di battaglia e lasciare dietro di sé il deserto, in eredità soltanto cocci che qualcuno, forse, tenterà di ricomporre. Ha voluto il referendum sulla sua persona e l’ha perso. Questo è il dato principale. Di certo, niente sarà più come prima. Una stagione lunghissima, durata quasi un ventennio, è giunta al capolinea. Crisi di governo o meno, il dopo-Berlusconi è già iniziato. E i topi cominciano ad abbandonare la nave prima che affondi.
A tempo di record – e a urne ancora chiuse – Daniela Melchiorre, nominata sottosegretario il 6 maggio, che aveva visto premiato il suo rientro tra i ranghi della maggioranza dopo un breve pit-stop al box del Terzo polo. Ma anche tra diversi pretoriani del presidente del consiglio prevale l’insofferenza per scandali e ossessioni giudiziarie, mista all’imbarazzo per alcune discutibilissime uscite internazionali: di recente, l’incredibile piagnisteo e l’attacco ai giudici durante il G8 in Normandia, di fronte ai potenti della terra. Exploit che – per inciso – ha spinto alla fuoriuscita dalla maggioranza la deputata dei Liberaldemocratici, una sorta di marziano spedito da poco sul nostro pianeta, se ha compreso soltanto adesso l’idea della giustizia che alberga nella testa del leader pidiellino.
Il fuoco incrociato di avversari e alleati sul premier, barricato dentro Palazzo Chigi mentre attorno tutto scricchiola, ha accelerato lo smarcamento da un abbraccio che sta diventando soffocante. Si è visto in queste amministrative: l’effetto-traino è evaporato e l’eccessiva esposizione del premier ha nuociuto ai candidati a sindaco del centrodestra. Sono finiti i tempi in cui Berlusconi poteva candidare a governatore della Sardegna uno sconosciuto che vinceva grazie alla sua sola presenza sul palco in chiusura di campagna elettorale. Sta invece accadendo un fatto inedito per il fronte berlusconiano: l’esplosione del correntismo, come nella peggiore tradizione primorepubblicana. Un contrappasso davvero amaro per colui che si era presentato come la novità capace di sconfiggere il vecchio teatrino della politica. E che si ritrova a tirare, ora da una parte ora dall’altra, una coperta diventata cortissima. Non ci sono soltanto i casi Polverini, Micciché, Scajola, Alemanno, sgomitanti e impegnati nel radunare truppe personali per riposizionarsi al meglio quando la slavina travolgerà tutti. Ci sono anche i malpancisti che non si riesce più a rabbonire singolarmente perché, accontentatone uno, si suscita la rabbia degli altri, sempre più numerosi e sempre più famelici, un esercito di pretendenti a poltrone ministeriali.
Senza ricercare congiure che non esistono, Berlusconi paga l’inconcludenza di tutti questi anni su fisco, liberalizzazioni, piano Sud, giustizia stessa. Stringi stringi, l’uomo del fare si è rivelato una promessa non mantenuta.

1 commento:

Cirano ha detto...

Non si schioda dalla poltrona nenache se perde Arcore e Milano....diamogli un'altra bella botta con i referendum!!!